Nel presente blog diversi articoli trattano il tema dell’uso improprio degli antibiotici e dei conseguenti effetti collaterali, generali sull’organismo e specifici della sfera urogenitale, talvolta piuttosto gravi sulle flore intestinale e vaginale e sulle difese immunitarie. Un argomento meno trattato ma altrettanto importante è l’uso improprio di terapie antimicotiche locali od orali, anch’esse causa di effetti collaterali simili a quelli dell’antibiotico, se non più gravi e persistenti.
Purtroppo però spesso questi trattamenti sono accessibili senza prescrizione medica e vengono utilizzati prima di aver effettuato un tampone vaginale per verificare l’effettiva presenza di un’infezione fungina. Questa pratica comporta delle controindicazioni importanti:
- l’azione fungicida uccide letteralmente i lieviti e gli altri ceppi fungini della flora e questo, in caso di assenza di micosi (la sintomatologia è quella tipica della vaginite ma il numero delle colonie fungine non è effettivamente in eccesso) avrà un effetto negativo sull’equilibrio della flora vulvo-vaginale (e intestinale se si tratta di assunzione orale)
- il ripetuto utilizzo di ovuli e creme può avere un’azione irritante piuttosto forte sulla mucosa, al punto da aggravare la vaginite e cronicizzare i processi infiammatori locali. In questo modo, invece di aiutare l’organismo, si favorisce così un vero e proprio circolo vizioso: la vaginite (bruciore, prurito, rossore, perdite) viene interpretato come micosi; non viene effettuato un tampone vaginale, ma si assume un trattamento antimicotico ‘alla cieca’; questo causa una disbiosi e un aggravamento della vaginite stessa
- allo stesso modo e per le stesse ragioni (processi infiammatori cronici e irritazione della mucosa), il ricorso ripetuto e prolungato a queste terapie locali è spesso causa della comparsa di neuropatie vulvari come vulvodinia o vestibolite
Si invita quindi alla massima prudenza rispetto all’uso di antimicotici senza prescrizione medica né tampone vaginale. I risultati spesso non sono quelli attesi, nonostante la sintomatologia sia presente, e il rischio è piuttosto quello di intraprendere una strada del tutto errata.
A questo proposito, condividiamo un articolo dell’ostetrica Veronica Foggia, che spiega questi passaggi in tono ironico.
“Ricetta per una vulvodinia:
1. Dire a una donna con bruciore vulvare costante di prendere un antimicotico perché “sicuramente è candida“.
2. Aspettare la comparsa di una disbiosi vaginale, non identificarla e continuare la terapia orale o locale con creme, mescolando l’antimicotico con un principio attivo antibiotico.
3. Osservare l’arrivo della cistite, non far eseguire un’urinocoltura e indicare un altro antibiotico orale per ‘ripulire’.
4. Dopo che la paziente torna in visita raccontando che i sintomi della cistite compaiono dopo ogni rapporto, pensare di risolvere il problema con una terapia antibiotica post-coitale.
5. Attendere che le mucose siano violacee e che anche il solo contatto con la carta igienica inneschi un bruciore insopportabile.
6. Dare la colpa alla paziente dicendole che probabilmente non ha un’alimentazione adeguata, facendole eliminare alcuni alimenti dalla dieta.
7. Provare con un detergente antibatterico.
Ripetere eventualmente il primo e il secondo punto a intervalli regolari.
Limitare il tempo della visita e dell’ascolto della donna a un massimo di 10 minuti.
Cuocere a fuoco lento per qualche mese; quando brucia abbastanza, cambiare professionista e attendere la diagnosi: vulvodinia!”.