Come approfondito in un altro articolo, c’è una differenza sostanziale tra cistite batterica e abatterica. A completamento del precedente, il presente articolo approfondisce l’argomento della cistite abatterica.
La cistite abatterica è una situazione in cui esiste una sintomatologia tipica della cistite acuta (urgenza e frequenza minzionale, bruciore alla minzione, dolori localizzati nelle vie urinarie basse), ma i risultati delle analisi delle urine non rilevano alcuna presenza batterica (oppure non rilevano presenza batterica “consistente” = scarsa flora polimorfa).
1) Come distinguere infezione urinaria e infiammazione della vescica?
In entrambi i casi, si tratta di cistite:
- la prima batterica, quindi dovuta alla presenza di batteri uro-patogeni in vescica
- la seconda unicamente infiammatoria, dovuta all’irritazione della parete vescicale
La distinzione tra queste due situazioni sintomatologicamente identiche risiede nel rilevamento di una presenza batterica nelle urine. Questo rilevamento è possibile solo grazie ad analisi delle urine complete (quindi che comprendano l’urinocoltura).
È importante precisare che, anche in caso di cistite abatterica, la leucocituria (presenza di leucociti o cellule del sistema immunitario nelle urine) è alta: superiore o molto vicina alla soglia significativa. La leucocituria fornisce informazioni sulla risposta immunitaria specifica (eventuale presenza di agenti patogeni), o aspecifica (reazione ai diversi processi infiammatori).
2) Da cosa è causata l’infiammazione della vescica?
L’infiammazione vescicale è una problematica multifattoriale che spesso nasce da una catena di eventi dannosi per la parete vescicale e, soprattutto, per lo strato di GAG (glicosamminoglicani) che la ricoprono e la proteggono.
a) Cause frequenti dell’infiammazione della vescica
Tra le cause più frequenti dell’infiammazione della vescica ricordiamo:
- Infezioni urinarie
Le infezioni urinarie corrispondono alla presenza di batteri in vescica, che per fissarsi alla parete vescicale usano delle adesine. Queste “zampe” si comportano come degli “arpioni” che consentono al batterio un ancoraggio solido alla parete, dove poter proliferare.
In caso di episodi acuti di cistite, milioni – se non miliardi – di micro-irritazioni causate da queste adesine possono danneggiare lo strato di GAG e l’urotelio fino a provocare un processo infiammatorio. Questo processo può anche perdurare dopo la risoluzione dell’episodio acuto, quando le analisi delle urine risultano negative alla presenza batterica.
Le terapie proposte in caso di cistite batterica – necessarie in certi casi – causano una produzione di tossine infiammatorie, che danneggiano la parete vescicale, e di radicali liberi (residui organici dei batteri uccisi dall’antibiotico), che causano un danno ossidativo e possono legarsi ai minerali presenti nelle urine e formare calcoli.
Tossine e radicali liberi sono spesso responsabili del protrarsi della sintomatologia anche dopo la risoluzione dell’episodio acuto e aumentano il rischio di cronicizzazione del dolore infiammatorio.
- Ciclo ormonale
Anche le variazioni ormonali (in particolare, estrogeni e progesterone) possono interferire con il livello di epitelizzazione dell’urotelio, in particolare nella donna in menopausa.
Il calo estrogenico che precede e accompagna le mestruazioni può ridurre le funzioni di trofismo (crescita) delle mucose genitali e vescicali. Le pareti delle vie urinarie basse diventano più “sottili” e quindi più sensibili e fragili a fronte delle irritazioni; questo può predisporre o aggravare l’infiammazione.
Altre problematiche inerenti a questo fenomeno – come endometriosi con invasione del tessuto nella vescica – possono essere responsabili dell’infiammazione cronica.
- Alimentazione e idratazione
Si tratta di fattori ambientali che possono avere un’incidenza positiva o negativa sull’infiammazione vescicale. Influenzano il pH urinario che, in base al suo livello di acidità, può sottoporre lo strato di GAG e l’urotelio a costante aggressione.
- Rapporti sessuali
Durante preliminari e/o coito, sfregamenti e sollecitazioni della zona genitale e pelvica possono causare un’irritazione della parete vescicale, dando luogo a un episodio acuto di cistite abatterica.
- Cristalli e calcoli renali
La presenza di concrezioni (cristalli e calcoli) nelle urine può causare danni alla parete vescicale (come dei graffi), provocando un’alterazione dello strato di GAG e dell’urotelio.
- Presenza di un biofilm patogeno
Questa situazione è più complessa e genera risultati delle analisi apparentemente negativi o “contaminati”: presenza di flora polimorfa in bassa quantità (<104), che purtroppo però corrisponde a un’infezione cronica latente.
In queste condizioni, la presenza di un biofilm è un fattore pro-infiammatorio a pieno titolo perché:
- la matrice polisaccaridica provoca danni sia sullo strato di GAG che sull’urotelio
- la presenza batterica, scarsa ma permanente, aggredisce continuamente la parete vescicale
In questo caso, la gestione di una cistite apparentemente abatterica deve essere volta a disgregare il biofilm per eradicare il focolaio infettivo latente.
b) Alterazione dello strato di GAG
Proponiamo un approfondimento anatomico per comprendere bene come sono fatte la vescica e la sua parete, ma soprattutto per comprendere perché l’alterazione o il deterioramento dello strato di GAG rappresenta un fattore di rischio importante nella cronicizzazione della cistite abatterica, verso problematiche più invalidanti come la Sindrome Genito-Urinaria (SVD) o la perdita del coating vescicale.
c) Caso particolare della ‘cistite abatterica’ non-vescicale
Quando parliamo di cistite, è logico pensare che sia la vescica ad essere infiammata. Tuttavia, purtroppo succede di localizzare la radice del problema nella vescica perché la sintomatologia è di natura minzionale (urgenza e frequenza delle minzioni, bruciore minzionale, dolori che corrispondono alla zona anatomica vescicale, eccetera), mentre il sito reale dell’infiammazione sta vicino a questo organo: contrattura pelvica, neuropatia, vulvo-vaginite, endometriosi.
È fondamentale quindi localizzare precisamente l’infiammazione, se necessario facendo non solo analisi delle urine, ma anche esami complementari e visite specifiche.
In particolare, l’assenza di leucociti nelle analisi delle urine deve orientare le investigazioni verso gli altri organi.
3) Come lottare contro l’infiammazione vescicale e la cistite abatterica?
Una volta stabilito con certezza che la cistite è abatterica (assenza di biofilm o di infezione acuta in corso), la gestione dell’infiammazione si articola su tre assi:
a) Ridurre irritazioni e aggressioni della mucosa:
- alimentazione adatta
- evitare i principali irritanti ed eccitanti della vescica (tabacco, alcool, droghe, spezie, caffè, tè, cioccolato, cranberry, uva ursina, mirtillo)
- idratazione adatta, costante e regolare
- assunzione di un anti-infiammatorio naturale come la Morinda citrifolia
- minzioni regolari e fisiologiche
- controllo del pH urinario
- assunzione di un alcalinizzante urinario, se necessario
- esercizi di rieducazione pelvica, se necessari
b) Prevenire e impedire future infezioni urinarie e assunzioni di antibiotico ripetute
A questo proposito, rimandiamo alla lettura di questo articolo.
c) Sostenere e stimolare la riepitelizzazione dello strato di GAG e dell’urotelio
Ricostituire lo strato di GAG è assolutamente possibile!
Questo approccio ha l’obiettivo di diminuire la permeabilità della parete vescicale all’urina, evitando che le sostanze irritanti passino questa barriera protettrice, riducendo quindi le aggressioni e migliorando i sintomi.
Il GAG più utilizzato è il polisolfato di pentosano sodico (Elmiorn), considerato come una delle terapie più specifiche per la gestione della SVD. Deve essere assunto per un minimo di 6 mesi affinché gli effetti siano oggettivamente valutabili. Dovrebbe attenuare considerevolmente il dolore vescicale e il generale senso di fastidio del paziente. Agisce sia come ricostruttore dello strato di GAG, che come prevenzione contro le infezioni urinarie e come antinfiammatorio che inibisce la secrezione di istamina da parte dei mastociti.
Altre sostanze che aiutano a ricostituire lo strato di GAG sono eparine, acido ialuronico, condroitina solfato, glucosamina, quercetina, metilsulfonilmetano e D-Mannosio (che è un GAG).
I GAG possono essere gestiti:
- con instillazioni endovescicali
Questa procedura prevede l’introduzione di un catetere in vescica attraverso l’uretra. Questa è una manovra ospedaliera che ha il vantaggio di mettere in diretto contatto i GAG e la parete vescicale. Questo contatto facilitato è molto efficace sul ripristino dello strato vescicale protettivo.
Tuttavia, è un metodo che presenta limiti e svantaggi:
- necessita di recarsi in ambulatorio per ogni instillazione
- è una manovra invasiva, che può comportare una contaminazione della vescica al momento dell’inserimento del catetere (infezione urinaria), malgrado le impeccabili misure di prevenzione e igiene
- dipendentemente dell’operatore sanitario, rischio di irritazione dell’uretra a causa del passaggio del catetere (dolori conseguenti alla manovra)
- necessità di mantenere il liquido in vescica per una durata di minimo 1h (che varia a seconda del prodotto)
Per queste ragioni, gli studi mostrano un’osservazione troppo bassa per avere risultati affidabili al 100%;
- per via orale
Elmiron denuncia una “biodisponibilità sistemica, osservata dopo un’amministrazione orale di polisolfato di pentosano sodico, inferiore all’1%”. Concretamente, l’assunzione di questo farmaco secondo la posologia standard (3 compresse al giorno) permette di fornire alla vescica solo circa 3 mg di principio attivo.
Esistono anche integratori alimentari naturali come Cistiquer e Dimannart che danno buoni risultati in contesti clinici e potrebbero essere previsti come primo step per un approccio volto a ripristinare lo strato di GAG.
Eccone i vantaggi:
- biodisponibilità molto ricca di principi attivi
- assunzione minima di 1 o 2 mesi per una valutazione completa dei benefici
- nessun effetto secondario, né contro-indicazione
- compatibili con tutte le terapie in corso (compresi gli anticoagulanti)
- compatibili con gravidanza e allattamento