Ecco un articolo dettagliato sulle strisce urinarie, conosciute anche come strisce reattive.
Le strisce urinarie rappresentano un strumento di autoanalisi che può fornire in poco tempo informazioni relative a diversi parametri fisiologici come:
- acido ascorbico
- bilirubina
- chetoni
- glicemia
- gravità specifica
- leucociti
- nitriti
- pH
- proteine
- sangue
- urobilinogeno
Per questo, vengono utilizzate non solo in caso di sospette infezioni delle vie urinarie (IVU), ma anche nel monitoraggio di diverse altre patologie come il diabete mellito, la calcolosi renale, la glomerulonefrite e diverse epatopatie.
Concentrandoci sul loro utilizzo in ambito urologico, i due valori più rilevanti a fini diagnostici sono quelli che indicano la presenza di leucociti (globuli bianchi) e/o di nitriti; infatti, la presenza di leucociti, normalmente assente nelle urine, è indicativa di una risposta infiammatoria in corso; mentre un’alta concentrazione di nitriti è un forte indicatore della presenza di alcuni tra i più comuni batteri che causano infezioni urinarie, come Escherichia coli. La positività di entrambi i parametri, e quindi la concomitante presenza di infiammazione e proliferazione batterica, può essere il segnale di una cistite batterica in atto.
Tuttavia utilizzare le strisce urinarie presenta due grandi limitazioni: l’incapacità di fornire informazioni riguardanti il ceppo batterico coinvolto e un livello di accuratezza non sempre elevato. A sostegno di questo secondo punto, si possono trovare in letteratura numerosi studi. Sebbene presentino dati contrastanti riguardo alla specificità delle strisce urinarie (dove per specificità si intende la capacità di individuare i soggetti effettivamente sani, evitando falsi positivi), questi studi concordano nell’affermare che le strisce urinarie sono caratterizzati da scarsa sensibilità, con un’alta probabilità di incorrere in risultati negativi nonostante l’effettiva presenza dell’infezione (falsi negativi).
Come si evince da quanto appena detto, anche se le strisce urinarie possono rivelarsi utili in una prima fase per attribuire la causa dei disturbi accusati a una sospetta infezione batterica, non possono essere considerati strumenti diagnostici completi e totalmente affidabili. Al fine di giungere a una diagnosi certa e precisa, è quindi necessario ricorrere a test di laboratorio che comprandono quello che conosciamo come ‘esame delle urine’, ovvero urinocoltura con antibiogramma e analisi delle urine. Per ‘esame delle urine’ si intende l’insieme di test fisici (per analizzare colore e torbidità), test chimici (per verificare la presenza e la quantità di sostanze come nitriti) e esame microscopico del sedimento urinario (che rileva la presenza di detriti cellulari e non) per l’individuazione, nel caso di sospetta IVU, di leucociti, con valore soglia fissato a 3-5 cellule/campo microscopico in ‘high performance field’ (HPF) (400x), equivalenti a 10-20 globuli bianchi per µL di urine.
Se il paziente mostra sintomi tipici delle IVU (come minzione frequente e dolorosa) e/o quando la striscia urinaria indica la possibile presenza di IVU, il passaggio successivo è quello di affidarsi all’esame colturale delle urine (urinocoltura) con antibiogramma. Questo test consiste nel distribuire su piastra di agar un sottile strato di urina raccolta in modo asettico, per poi mantenerla a temperatura ambiente per 24/48h per dare tempo a eventuali microrganismi di proliferare. Al termine di questo periodo di incubazione, l’analista procederà alla conta delle colonie formatesi sulla piastra. Storicamente il valore di riferimento che indica la presenza di un’infezione batterica è stato fissato a >105 unità formanti colonia (UFC) per ml di urina.
Un’ulteriore informazione di fondamentale utilità è fornita dall’antibiogramma. Infatti, questo test permettere di mettere in coltura il ceppo batterico isolato dalle urine su una piastra di agar con dei piccoli dischi di carta imbevuti di antibiotici a concentrazioni controllate. Ai batteri viene lasciato il tempo di colonizzare l’intera piastra e successivamente viene valutata la capacità di azione dei diversi antibiotici. Questa capacità è misurata sulla base della grandezza dell’area in cui la proliferazione viene inibita. L’antibiogramma è quindi utile per testare le eventuali farmacoresistenze che il ceppo batterico isolato può aver sviluppato, indirizzando la scelta terapeutica verso il trattamento più efficace.
Possiamo concludere che, seppur potenzialmente utili in prima battuta, le strisce urinarie forniscono solo un’informazione parziale e moderatamente affidabile, che richiede un approfondimento con rigorose metodologie di laboratorio per garantire una diagnosi certa.